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  • Immagine del redattoreOak Church Ranch

Addestrare un asino

In questo post voglio raccontarti i perché dell'addestramento di un asino. Non i perché generali, ma i miei perché. E se ti troverai d'accordo con me o ti avrò mostrato le cose da una prospettiva diversa da quella a cui avevi pensato (ma non voglio essere presuntuosa pensando che sia così), vorrà dire che le cose stanno cambiando.

Troppo spesso si tende a fare elenchi di cosa bisogna fare per ottenere dei risultati o a mostrare video tutorial che raccontano per filo e per segno i procedimenti da seguire. Questo tipo di descrizioni sono di certo utili e danno ottimi spunti per procedere in ciò che si vuole fare: ci dicono come addestrare un equide e magari ce lo dicono anche più o meno bene. Ma troppo spesso non ci spiegano perché farlo. E perché in quel modo. Ma, cosa ancor più importante, non prendono in considerazione l'addestramento come incontro tra due soggettività. In realtà questo incontro tra individui unici, se pur con caratteristiche peculiari della propria specie, avviene ancor prima dell'addestramento vero e proprio (o forse ne fa già parte?) e può incidere su di esso in maniera decisiva. Cominciamo ad essere abituati a pensare così per quanto riguarda i cani, ma facciamo molta più fatica quando si parla di equidi e in particolar modo di asini.

Il mondo dell'addestramento dell'asino è molto ristretto e si basa spesso sulla conoscenze relative al cavallo o sulla cultura tradizionale delle zone rurali. Siamo soliti pensare che quest'ultima poco abbia a che fare con la relazione uomo-asino, ma in realtà, seppur i metodi fossero piuttosto duri, essi fondavano i loro risultati su un legame viscerale con l'animale, legato con molta probabilità alla sopravvivenza derivante dal mutuo aiuto.

Oggi l'asino porta con sé un piccolo strascico di quel legame e del fascino che ne deriva, ma ha perso gran parte della sua utilità, trasformandosi, in moltissimi casi, in un animale da compagnia (o da pet theraphy per i soggetti più docili). Ciò ha in qualche modo portato ad una riduzione dell'interessamento per ciò che riguarda il suo addestramento e ciò che è possibile fare insieme a lui (se non limitatamente ai casi delle attività assistite). Manca un senso di quotidianità, che invece potrebbe essere risvegliata, dando un valore alla possibile danza comunicativa che può instaurarsi tra uomo e asino. Al contrario del cane, l'asino vive la sua giornata quasi in un mondo parallelo rispetto a quello umano e di tanto in tanto questi mondi si incontrano attraverso i gesti di cura. Io penso però che possa esserci molto di più di questo frugale, seppur importante incontro, e proprio questo è per me il perché dell'addestramento.

Addestrare significa anzitutto addestrarsi e farlo comporta conoscenza. Tale conoscenza supera, seppur inglobandole, le complesse teorie etologiche relative al comportamento animale, implicando un approccio basato sulla soggettività e quindi sulla relazione. Non esiste possibilità di apprendimento, né da parte dell'asino, né da parte dell'uomo, senza questo legame fatto di comunicazione. Non esiste nemmeno incontro privo di comunicazione.

Addestrare un asino significa incontrarlo, conoscerlo, passare del tempo con lui e capire quali sono i suoi rituali comunicativi all'interno del branco. La testardaggine dell'asino, sua peculiare e adorabile caratteristica, per fare un esempio, è spesso data dalla mancanza di senso all'interno della danza comunicativa che siamo andati a creare e da dinamiche relazionali che vanno ben oltre l'esecuzione di un esercizio. Troppo di frequente crediamo che l'asino non sia propenso a collaborare con noi, ma se sappiamo leggere, dietro la sua immobilità, emozioni (tra cui anche la paura, a volte) derivanti da mancata esperienza e relazione con lui (e fiducia) allora saremo in grado di azionare la molla della collaborazione. E' chiaro che è necessario conoscere come l'animale asino comunica con i suoi simili e con noi per poterci capire correttamente, ma è altrettanto importante porsi in un atteggiamento di reale attenzione e osservazione, entrando nel branco come membri attivi e aventi una propria personalità. Gli asini sono in grado, infatti, di interpretare questa soggettività, collocandosi in un punto preciso della danza comunicativa, anch'essi secondo le proprie caratteristiche personali. Cogliere tali caratteristiche e poterle amalgamare alle nostre, vuol dire approfondire il legame e trovare di nuovo quella visceralità che va ben oltre l'imparare a fare delle cose, siano esse indossare una cavezza o portare un basto.

Addestrare ha il suo perché nella possibilità che ci regala di passare del tempo vero, intenzionale, comunitario, con il nostro asino, andando a soddisfare le motivazioni sociali e ludiche che sono proprie di entrambe le specie. Anzi, oserei dire, in modo un po' provocatorio, che andremmo a lavorare sulla motivazione cooperativa, che è più dell'asino che nostra (e sulla quale impareremmo a riflettere di più).

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